Il mio Diego. Mister Portaluri racconta Maradona
“Sono momenti che non ho mai dimenticato e che, in queste ore, assumono un valore ancora più inestimabile per me”. Così Mino Portaluri, oggi alla guida dei rossoblù, ricorda il “suo” Diego Armando Maradona, compagno di squadra nell'esperienza tra i professionisti con la maglia del Napoli. Erano gli anni a cavallo tra la fine degli Ottanta e i primi dei Novanta, del calcio italiano che brillava di luce riflessa e gran parte del merito era dello scugnizzo argentino che illuminava in campo e accendeva il cuore dei napoletani, gli anni degli scudetti azzurri, di un'atmosfera irreale quasi mistica che avvolgeva tutti gli appassionati di calcio. “Al Centro Paradiso di Soccavo dove vivevo - ricorda mister Portaluri - Diego era il più amato di tutti, sicuramente per lciò che mostrava in campo ma soprattutto per il suo modo di fare, per il suo cuore grande. Era il centro sportivo degli allenamenti e noi, giovani della Primavera aggregati alla prima squadra, ci sentivamo dei privilegiati. Lui sapeva come farci sentire importanti, da vero leader e trascinatore: consigli e massima attenzione durante gli allenamenti per noi più piccoli, coccole che non ti aspetti dal più grande dei calciatori dell'epoca, ma che per lui erano come il pane quotidiano. La sua bontà fuori dal campo, con tutti, rimarrà scolpita nel cuore di chi l'ha conosciuto”.
Anche perchè, poi, il giovane Portaluri ha avuto modo di condividere spezzoni di gara e lo spogliatoio proprio con il Pibe de oro, dal 3 giugno '89 in poi, fino alle gare di quella Coppa Uefa che la squadra di Ferlaino e di Ottavio Bianchi conquistò nella finale contro lo Stoccarda. “Esordii nella massima serie insieme ad Antonio Bucciarelli - ricorda con la voce rotta dall'emozione - nella gara contro la Sampdoria. E' il ricordo più forte della mia carriera, inevitabilmente, nonostante ho respirato l'emozione di altri match della Serie A e l'atmosfera delle gare internazionali di coppa. Ma quella dell'esordio è una sensazione che mi porto sempre anche e soprattutto per Maradona. A fine partita radunò i compagni, si fece portare lo spumante e lo aprì per noi, come augurio per la nostra carriera. Proprio lui, il più cercato dai giornalisti di tutto il mondo, spese del tempo per noi. Per confermare con i fatti quello che ci aveva sempre dimostrato, ancora una volta. Un cuore grandissimo”.
Oggi tutto il mondo piange un fenomeno del calcio ma anche un personaggio capace di rappresentare un valore sociale, nonostante la sua vita extra calcistica sia stata poi macchiata dalla cronaca. “Non accetto critiche - lapidario mister Portaluri. Per me l'insegnamento di Diego è quello del campo e della vita vissuta insieme: ero un giovane affascinato dal mondo del calcio, avevo la fortuna di vedere ogni giorno le gesta di un extraterrestre a livello atletico e tecnico, un calciatore che all'epoca non era tutelato come i big di oggi. Di tutto quel periodo conservo la figura di un amico speciale, di un uomo che voleva un gran bene ai suoi compagni. E viceversa, tanto che negli anni ci sono state tante manifestazioni per omaggiare e ricambiare tanto affetto. Se dovesse succedere anche ora, mi piacerebbe avere l'onore e l'immenso piacere di parteciparvi, così come feci diversi anni fa, in occasione della cittadinanza onoraria che gli tributò la città di Napoli”.
Genio e sregolatezza, gesta che rimangono impresse come tracce indelebili e personaggi di un calcio che non c'è più. Come a dire, dolore e malinconia che si mescolano, in un periodo non proprio bello per tutti, ma soprattutto di chi fa calcio per passione. “Per Diego il calcio era vita, oggi il suo insegnamento più forte che riecheggia è proprio quello: la passione e l'amore che ci ha messo è visibile in tutti quelli che lo piangono, in ogni angolo del mondo, e gli rendono omaggio. E anche io, in fondo al mio cuore, mi coccolo i ricordi più belli del mio Diego”.
Novoli, 26 novembre 2020